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RIVISTA ABRUZZESE: La Bestia Umana. fra Storia e Memoria - di Argentino D´Auro

17/03/2017 - LA BESTIA UMANA. FRA STORIA E MEMORIA, A BORRELLO, LA PICCOLA IMPRESA LETTERARIA E MUSICALE DEGLI SFARATTHONS SUL TEMA ECOLOGICO
(di Argentino D’AURO)

Gli attuali metodi storiografici, nello sforzo di ampliare il più possibile le conoscenze dei fenomeni socio-economici, laddove nuovi paradigmi di studio e di indagine risultino utili a tale scopo, fanno ricorso anche alla musica come criterio di analisi per allargare la propria sfera di comprensione del passato.
Particolarmente illuminante in tal senso, per quanto attiene alla realtà italiana, ad esempio, risulta il volume dello storico Leonardo Campus, dal titolo Non solo canzonette, il cui sottotitolo (L’Italia della Ricostruzione e del Miracolo attraverso il Festival di San Remo) rivela in maniera inequivocabile il contributo determinante che l’arte della canzone può offrire nel ricostruire eventi, fasi e snodi delicati, in taluni casi anche misconosciuti, di quella che viene definita la Grande Storia .
Sulla scorta dell’esempio fornito dal cennato volume di storia, il libro intitolato Una Piccola Impresa Musicale, propone il periodo storico circoscritto fra la metà e la fine degli anni settanta, così come vissuto e percepito dal proprio borgo natìo di Borrello, da parte di un gruppo di ragazzi ancora adolescenti, protagonisti di questa avventura letteraria e musicale. A Borrello, dunque, quei giovani, organizzatisi per passione in una rock band, il cui nome solo apparentemente sembrava riecheggiare i gruppi musicali anglosassoni , erano pronti a dire la loro, con tutta la forza della passione e dell’esuberanza tipicamente giovanili, sul tema del controverso rapporto uomo-natura, attraverso la composizione di una opera rock. Niente di meglio delle canzoni, quindi, per riuscire a spiegare il mondo e le sue crisi. Ed ecco che la rock-opera La Bestia Umana, musicata e composta da quei ragazzi, si trasforma, dopo circa un quarantennio, in un progetto più complesso, articolato in un CD musicale e nel citato libro, quasi che quest’ultimo rivendicasse una funzione didascalica dell’impegnativo lavoro letterario e musicale svolto .
La rock-opera, strutturata secondo lo schema del concept-album, tanto in voga in quel momento storico, affronta il tema, ancora attuale e insoluto, della questione ecologica e dei diversi risvolti che esso implica, utilizzando la musica progressive, quale strumento più adatto a veicolare quella esuberante creatività insita nei testi e nella complessità della musica che li accompagna. Erano gli Anni settanta, rispetto a quelli che di lì a breve seguiranno, caratterizzati dalla cultura del riflusso, dell’individualismo e del culto del sé, particolarmente fertili dal punto di vista culturale ed irripetibili da quello musicale.
Il rock progressive forniva soluzioni musicali innovative, dirompenti ed in controtendenza rispetto ai canoni fino ad allora sperimentati dalla musica corrente. Non solo i gruppi stranieri erano leader di questo genere musicale, ma anche quelli italiani facevano scuola e tendenza a livello internazionale, con band di spicco come PFM e Banco del Mutuo Soccorso. Gli stessi testi delle canzoni sottolineavano i cambiamenti dettati da un’epoca per tanti versi rivoluzionaria, ma comunque di passaggio e di transizione. Questi riflettevano un sentire che si contrapponeva radicalmente a quello tipico della retorica presente in molta parte dell’allora musica leggera.
In Italia, infatti, in quel periodo, si affermarono i cantautori, che con i loro testi poetici consentirono alla forma canzone di uscire dal ghetto in cui la cultura ufficiale l’aveva confinata (quello sprezzante delle canzonette) per farla assurgere ad una vera e propria forma di arte, sicuramente non inferiore a quelle ritenute comunemente nobili.
Non a caso, oggi, a comprova di ciò, molte antologie di letteratura italiana riportano i testi delle canzoni più significative di cantautori come De André, Guccini e Gaber.
Nella rock-opera La Bestia Umana, quei ragazzi filtrarono e mediarono tutte le loro conoscenze musicali e letterarie assorbite in quel fecondo periodo storico e le riversarono in una serie di canzoni legate dal filo conduttore del problema ecologico, per dare un senso al loro impegno civile nella vita quotidiana di tutti i giorni. Quelle canzoni che allora, per le varie vicissitudini che la vita impose a quei ragazzi, non videro la luce, oggi, a quasi quarant’anni dalla loro elaborazione originaria, riemergono dall’oblio, rivivendo in tutta la loro originalità nel CD e nel libro sopra menzionati. Il progetto di quella rock-opera sognata in gioventù ad occhi aperti, quasi fosse una chimera irraggiungibile, adesso che è una realtà, appare, agli occhi di quei ragazzi divenuti nel frattempo uomini maturi, solo eufemisticamente una piccola impresa musicale. I temi evocati in quelle canzoni (lo smog, le migrazioni, lo sfruttamento e le segregazioni razziali) continuano, purtroppo, a mantenere inalterata la loro attualità, in attesa di una qualche soluzione decisiva.
A ridestare l’attenzione su queste problematiche è di recente intervenuta l’enciclica Laudato sì di Papa Francesco, quasi a rafforzare la validità della rock-opera dal sapore vagamente profetico. Il libro che accompagna il CD ha il compito di guidare il lettore nella comprensione delle canzoni che compongono la rock-opera, prospettando una narrazione continuamente sospesa fra le ragioni che giustificarono la stesura di quei testi e la loro intatta attualità, commentata alla luce degli avvenimenti che nel frattempo sono intervenuti a rendere ancor più articolato e complesso un quadro della situazione ambientale in continuo divenire.
Infine, le stridenti dissonanze esistenti fra l’uomo e la natura, sviluppate nei testi attraverso le tematiche di volta in volta affrontate, vengono messe a fuoco anche grazie al magistrale corredo iconografico, che ha integrato l’originario progetto letterario e musicale, frutto dell’opera del pittore Luca Luciano, la cui bellezza è esemplificata dal dipinto intitolato Anatomia di una fine che campeggia sulla copertina del libro in commento.
Il Titolo della Rock-opera sembra mutuato dall’omonimo romanzo di Emile Zola, sebbene da esso non trae alcuna diretta ispirazione. L’unica rimarchevole affinità e punto di contatto con l’opera letteraria dell’illustre romanziere francese risiede in quel sentimento di cupo pessimismo nei confronti dell’essere umano, sempre incline al male e, di conseguenza, pronto a mettere a repentaglio il suo rapporto non solo con i suoi simili, ma anche con la natura che lo circonda. Senza dubbio, questo è il sentimento di fondo che aleggia in questo lavoro, dal momento che i testi delle canzoni suggeriscono, sia pure in maniera larvata, che in ognuno di noi cova una “bestia umana”. A seconda delle circostanze, la malvagità dell’essere umano può degenerare in una furia omicida ( le cronache sono purtroppo piene di questi terribili eventi) o in aggressioni di vario tipo (altrettanto devastanti ed orribili), compiute spesso su vasta scala, come quelle arrecate all’ambiente. L’esperienza insegna che queste vengono compiute in nome di un progresso economico di facciata, spesso invocato per giustificare un profitto fine a se stesso, riservato al soddisfacimento dell’interesse egoistico di pochi, piuttosto che al bene dei molti che vi hanno concorso (si pensi alla questione della concentrazione della ricchezza di metà della popolazione mondiale in un manipolo di individui).
La Bestia Umana, dunque, costituisce un emblematico esempio di sintesi artistica di musica, poesia, pittura e saggistica, finalizzate all’analisi del fenomeno dell’annientamento ambientale al quale l’antropizzazione sottopone l’ecosistema. Mentre, da un punto di vista della storia del nostro territorio, essa simboleggia una importante vicenda nella quale furono coinvolti dei giovani che speravano in un futuro migliore. Con le loro canzoni volevano esorcizzare gli scenari apocalittici evocati dai loro versi, convinti che potessero descrivere solo prospettive ipotetiche ed estreme, ritenute impossibili da verificarsi. Purtroppo, loro malgrado, la realtà ha superato l’immaginifica fantasia di quei ragazzi, facendo di essi delle moderne Cassandre, avendo essi mostrato un intuito visionario ed una capacità di preveggenza fuori dal comune. Il progetto musicale, letterario ed iconografico degli Sfaratthons, oggi più di ieri, assume una particolare valenza, dal momento che la canzone, all’attualità, è considerata una forma d’arte avente la stessa di dignità culturale della letteratura e della poesia. Ciò è tanto più vero, soprattutto dopo la recente assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan. La canzone, infatti, attinge, contemporaneamente, alla letteratura e alla musica, condividendo con quest’ultime delle evidenti similitudini. Non può ignorarsi che gli antichi trovatori scrivevano le poesie proprio per essere cantate e recitate.
A distanza di quasi un quarantennio dal suo concepimento, la morale che può trarsi dalla Bestia Umana è che dagli anni settanta ad oggi molte cose sono cambiate, ma quasi mai in meglio. Il frenetico scorrere del tempo sembra quasi aver privato l’umanità della propria anima e tutta l’opera rende chiaro ed indiscutibile questo messaggio. Forse, il vero merito di quei ragazzi sta nell’aver immaginato con largo anticipo la condizione di declino che attanaglia l’uomo moderno e l’umanità intera, la cui tendenza all’autodistruzione sembra essere stata elevata a teorema esistenziale.



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